Descrizione
Questa raccolta ci racconta, a partire da un trauma assoluto (la morte di un padre), i sogni che si muovono nel figlio, il cammino che percorre “arrampicato su per un numero infinito di colline stratificate” rincorrendo quel «padre morto», “che corre velocissimo dalla fase dell’aria a quella della pietra, fino a diventare una voce muta, incastrata nello sterno”. Ma ci racconta anche cosa sia la vita reale, concreta, quella in cui, dentro i fatti e nell’assenza, la vita prende una direzione o un’altra. In questa matrice, fra sogno e movimento, si innestano i giorni, i luoghi, le relazioni e, infine, il linguaggio, vero co-protagonista del libro.
Per questo alla fine il tempo può, talvolta, trasmutare in preghiera, o le parole possono farsi, come accade nella seconda parte del volume chiamata non a caso “apparato”, immagini sgranate di persone e atti, mai del tutto fermi, impossibili da incorniciare.
Un libro d’esordio che stupisce e che scuote il panorama della poesia italiana di inizio decennio.
Riccardo Frolloni nasce nel ’93 a Macerata. Ha pubblicato la plaquette Languide istantanee Polaroid (Affinità Elettive 2014). Ha tradotto Sul non perdere le ceneri di mio padre, di Richard Harrison (‘roundmidnight edizioni 2018) e Non praticare il cannibalismo, antologia dell’opera di Ron Padgett (Del Vecchio Editore 2021). È stato direttore del Centro di poesia contemporanea dell’Università di Bologna e ha lavorato per la School of Continuing Studies dell’Università di Toronto come lettore e assistente. Insegna italiano e latino nei licei.